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L’etica della Onorevole Ambrosi

Nel linguaggio, filosofico l’etica rappresenta ogni dottrina o riflessione riguardante il comportamento dell’uomo, quale sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo, quali siano i doveri morali verso sé stessi e verso gli altri. In senso più ampio, l’etica è il complesso di norme morali e di costume che identificano un preciso comportamento nella vita di relazione, con riferimento a particolari situazioni storiche.

Farebbe bene a tenerne conto l’Onorevole Alessia Ambrosi, non solo quando afferma che “Anche la caccia può essere etica” (vedi l’Adige del 17 agosto 2023), ma anche quando, ad esempio, presenta interrogazioni parlamentari per difendersi da un Autovelox (vedi Corriere del Trentino del 23 aprile 2023).

Il tema è tuttavia profondo, molto più profondo di una multa per eccesso di velocità. 

Nel caso della caccia, il tutto si riduce al dare risposta ad una semplice domanda: può la caccia essere socialmente accettata e tollerata? 

Secondo l’Onorevole Ambrosi sì, ed in maniera aprioristica. Sostiene infatti che la caccia sia nata come pratica per procacciarsi cibo e che, avendo perso una connotazione alimentare, è diventata una sorta di rito, da portare avanti per tradizione, corredato di razionalità con l’aggiunta di una dimensione gestionale. 

È il culmine di una visione antropocentrica e l’opposto di una prospettiva biocentrica. 

Naturalmente, non riusciremo mai a liberarci degli istinti di aggressività, violenza e crudeltà. Tuttavia tutti pensiamo che si tratti di disvalori. Allora, come nel caso dell’Onorevole Ambrosi, dobbiamo distorcere la realtà con l’uso improprio delle parole. Tanto, ci sarà sempre qualcuno disposto a crederci, ed altri che troveranno utile fingere di farlo. 

Ciò non deve rammaricarci, si tratta infatti del retaggio dello “specismo”, che, con il sostegno della cultura religiosa, considera l’animale all’ultimo gradino della scala sociale. 

La legalizzazione della caccia è infatti il frutto della stessa cultura che ha prodotto altre attività di sfruttamento e sopraffazione (come la schiavitù, lo sfruttamento minorile, e di esempi ce ne sarebbero ancora). Pratiche progressivamente bocciate dall’opinione pubblica, prima di diventare illegali: prima nascono le abitudini e poi vengono le leggi. 

E’ dunque necessario partire da un discorso etico e non giuridico, ed in questo conveniamo con l’Onorevole Ambrosi, ma a questo punto la domanda vera è: “è giusto uccidere senza la necessità nel farlo?” (non “può la caccia essere etica?”)

Abbiamo creato un mondo giusto, dove la schiavitù, lo sfruttamento minorile, la sottomissione delle donne, ci hanno dimostrato che ciò che è legale non sempre è legittimo. Ci troviamo a dover affrontare la questione ambientale, che vede la natura contaminata dalle pallottole e dalla polvere da sparo impossibili da rimuovere dopo una battuta di caccia. Il bene comune dovrebbe essere condiviso da tutti e invece lo si utilizza per pochi. 

Se sappiamo che la società non ha più la necessità di cacciare e di cibarsi di animali; se l’intervento sugli habitat è artificioso dal momento che questi vanno ripopolati per consentire l’espletamento di un’attività dilettevole; se decade il principio della legittima difesa dal momento che normalmente si uccidono animali che non attaccano; se l’ambiente è continuamente contaminato dai residui di polvere da sparo e proiettili, possiamo solo concludere che la caccia non è una pratica sopportabile. Non abbiamo scampo, esattamente come la preda cacciata.

Albino Leonardi

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